SOTTO L’OMBRELLONE: IL ROMANZO DI UN FUORICLASSE

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Compendio puntuale per comprendere al meglio la figura di Alberto Tomba – eroe dello sci moderno e figura di punta nella tradizione degli sport invernali FILA – Il romanzo di un fuoriclasse , pubblicato nel 1992, ha una struttura complessa. Innanzitutto, oltre alla firma del campione bolognese porta quella di Leo Turrini, giornalista e scrittore specializzato in biografie (Lucio Battisti, Michael Schumacher). Secondariamente, è ricco di immagini firmate Penta Photo, agenzia foto giornalistica che dagli anni Ottanta segue i più importanti eventi sciistici internazionali. Infine, grazie all’intercessione dell’atleta, le parole si accompagnano a scatti provenienti dall’archivio privato della famiglia Tomba, garantendo così un documento di eccezionale unicità. Il romanzo di un fuoriclasse parte dal principio, ovvero da quando Alberto muove i primi passi sulla neve a soli tre anni, complice papà Franco che nel tempo libero fa l’istruttore. In Emilia non nevica spesso, eppure il giovane Tomb

ETICHETTE: POLIESTERE

Mai come questo mese il titolo della nostra rubrica dedicata a tessuti e segreti sartoriali è appropriato: quante volte, infatti, incontriamo la parola ‘poliestere’ su un’etichetta? E forse lo facciamo senza sapere davvero le caratteristiche della materia cui fa riferimento. Perché se il cotone e la lana possono vantare tradizioni secolari, questa fibra sintetica ha una storia decisamente più giovane.

I primi studi relativi ad essa vengono portati avanti da Wallace Carothers, il chimico statunitense che nel 1935 passa alla storia per l’invenzione del nylon. Nel periodo concomitante a questa scoperta, Carothers conduce sperimentazioni anche su polimeri derivanti da prodotti petroliferi. La sua ricerca indica la strada anche ad altri colleghi, che meno di dieci anni dopo consentono al colosso DuPont di lanciarsi nel commercio dei primi tessuti sintetici. Essi, combinati con altre fibre perlopiù naturali (su tutte lana e cotone), arrivano all’attenzione del grande pubblico durante gli anni Settanta, imponendosi sul mercato.

Derivazione di materiali di scarto e riciclo, il poliestere è un materiale dalle diverse anime, esistente in più forme: nella moda quella più diffusa si chiama PET, il polietilene tereftalato resistente all’usura, allo sporco e all’umidità, traspirante, elastico, coibentante, resiliente verso gli agenti chimici e fisici; la sua spiccata ingualcibilità, inoltre, spesso non rende necessaria la stiratura, rendendolo protagonista unico del mondo fashion.

Le fibre in poliestere giocano un ruolo di primaria importanza nella storia FILA, attenta alle scoperte tecnologiche sin dagli inizi della propria storia. I primi indumenti confezionati in tessuto sintetico sono i pantaloncini da tennis della linea WHITE LINE: una direzione nuova, che proietta il marchio verso l’avanguardia e il progresso tecnologico. Naturale prosecuzione di ciò sono i capi per la montagna e ovviamente l’activewear. Un racconto che giunge fino ai giorni nostri, con collezioni che oltre a valorizzare le peculiarità delle fibre hanno un occhio attento sulla sostenibilità. 

Naturale prosecuzione di ciò sono i capi per la montagna e ovviamente l’activewear, fino alle collezioni contemporanee che oltre a valorizzare le peculiarità delle fibre puntano un occhio privilegiato alla sostenibilità. Da diverso tempo FILA abbraccia infatti pratiche di preservazione ambientale che passano attraverso una scelta consapevole dei tessuti. Esempio emblematico è il pile beige, verde e blu in foto, ottenuto dalla raccolta differenziata e dal riciclaggio di dieci bottiglie di plastica. Una storia virtuosa, che scopriamo su un'etichetta non per caso.


 
 
 
ENGLISH VERSION:


LABELS: POLYESTER

Never as in this case the title of our blog’s event devoted to fabrics and tailoring secrets is appropriate: how many times do we read the word ‘polyester’ on clothes’ labels? Perhaps without knowing the subjects’ characteristics for real. If cotton and wool are characterized by centuries-old traditions, this artificial fiber has a much younger history.

The very first researches on it were done by Wallace Carothers, the American chemist who discovered nylon in 1935. In the same period, Carothers conducted experiments on polymers coming from oil products. His work led the way to some colleagues of his, who made the selling of synthetic fibers possible for companies such as industrial giant DuPont.

Mixed with natural materials like cotton and wool, they gained people’s attention during the Seventies, getting commercial relevance as well.         

Obtained from waste materials, polyester has many souls and is presented in different ways: in the fashion realm the most common version is named PET, the terephthalic polyethylene with unique features of resilience, transpiration, malleability, thermal isolation; moreover, its crease resistance avoids ironing, making it an isolated case in the fashion realm.  

Polyester fibers have been playing a primary role in FILA’s history, a brand with a remarkable attention for technological discoveries since the very beginning. The first clothes made in synthetic fabric were the WHITE LINE tennis shorts, that marked a new direction towards progress. Its natural consequences were mountain clothes, activewear of course, up to contemporary collections promoting both the peculiarities of the fibers and sustainability. FILA has been embracing green approaches for a long time, with a specific attention for conscious choices in terms of fabrics. A remarkable example of it is the beige, green and blue pile you can see in the pictures, realized from the separate waste collection and recycling of ten plastic bottles. A virtuous story we can read on a label, not by chance.



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