BACK IN THE DAYS: GRANT HILL

‘But please don't cry, dry your eyes, never let up / forgive, but don't forget, keep your head up’. Quando Tupac Shakur incide Keep Ya Head Up è il 1993, non può immaginare che tre anni dopo la sua vita si possa interrompere a causa di un attentato fatale. Né può immaginare che le sneakers che sceglierà di indossare per promuovere il suo album più bello, All Eyez On Me (1996), siano ispirate a un uomo che il testo di quella canzone pare indossarlo a pennello. Quell’uomo si chiama Grant Hill. Ai tempi era noto semplicemente un (giovanissimo) divo della pallacanestro, in realtà era molto di più. Era parte di un processo attivo, di un’America metropolitana che esprimeva con orgoglio la propria blackness e un innato desiderio di attenzione e rivalsa. John Singleton e Spike Lee, Kerry James Marshall e Kara Walker, Halle Berry e le TLC, Tupac stesso. Un parterre folto del quale Hill è stato un interprete educato, pure colto, con una laurea in storia e scienze politiche (conseguita pr