SOTTO L’OMBRELLONE: IL ROMANZO DI UN FUORICLASSE

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Compendio puntuale per comprendere al meglio la figura di Alberto Tomba – eroe dello sci moderno e figura di punta nella tradizione degli sport invernali FILA – Il romanzo di un fuoriclasse , pubblicato nel 1992, ha una struttura complessa. Innanzitutto, oltre alla firma del campione bolognese porta quella di Leo Turrini, giornalista e scrittore specializzato in biografie (Lucio Battisti, Michael Schumacher). Secondariamente, è ricco di immagini firmate Penta Photo, agenzia foto giornalistica che dagli anni Ottanta segue i più importanti eventi sciistici internazionali. Infine, grazie all’intercessione dell’atleta, le parole si accompagnano a scatti provenienti dall’archivio privato della famiglia Tomba, garantendo così un documento di eccezionale unicità. Il romanzo di un fuoriclasse parte dal principio, ovvero da quando Alberto muove i primi passi sulla neve a soli tre anni, complice papà Franco che nel tempo libero fa l’istruttore. In Emilia non nevica spesso, eppure il giovane Tomb

FONTI: IL FASCINO DISCRETO DELLE DIAPOSITIVE

In The Wheel, episodio finale della prima serie di Mad Men andato in onda sulla rete americana AMC nel 2007, il pubblicitario newyorkese Don Draper (Jon Hamm) viene incaricato dalla Kodak di trovare un modo accattivante per lanciare la ruota stereoscopica nei primi anni Sessanta. In uno dei monologhi migliori del telefilm, Don racconta che nessuna tecnologia può essere raccontata senza emozioni. Per convincere i suoi clienti di ciò, proietta in ufficio una serie di diapositive private, che immortalano la sua famiglia e il suo matrimonio in momenti felici del passato.

In fondo, anche noi la pensiamo come il capo della Sterling & Cooper: una diapositiva è tutto fuorché un medium freddo. Al contrario, quel piccolo quadratino è depositario di un universo che si è fatto foto, non prima di aver attraversato secoli di innovazione e cambiamento.

Le diapositive, che accompagnano la fotografia fin dall’Ottocento, si caratterizzano come immagini positive su un supporto trasparente. Affinché la pellicola ne consenta la visione deve essere attraversata dalla luce: essa, direttamente o tramite proiezione, può rivelare una fotografia in bianco e nero o a colori. In quest’ultimo caso è doveroso citare i padri del cinema, i Fratelli Lumière, che avevano inventato un'emulsione ricoperta di un finissimo strato di granuli di fecola di patate colorati che fungevano da filtri sia nella ripresa che nella visione dell'immagine: lo stesso principio è stato poi ripreso nel 1985 da Polaroid per la sua pellicola 35 mm istantanea Polapan, in cui il ruolo dei granuli di fecola veniva svolto da una trama di sottilissime righe rosse verdi e blu.

Si basava invece sulla sintesi sottrattiva il Kodachrome, una delle pellicole più apprezzate dai professionisti: si distingueva per la precisione e la naturalezza dei colori, nonché per il quasi inesistente degrado nel tempo. La sua struttura, tuttavia, richiedeva un procedimento di sviluppo molto complesso, il Kodak K-14, che faceva sì che le pellicole potessero essere trattate solo in laboratori selezionati. Il 22 giugno del 2009 la Kodak comunicò la cessazione definitiva della produzione di questa pellicola e lo sviluppo dell'ultimo rullino avvenne il 30 dicembre 2010, ponendo fine a un’era.

Se la tecnologia le relega nel passato, nel nostro Archivio le diapositive hanno un ruolo nel presente, tanto che i faldoni che le raggruppano vengono conservati in una sala a sé. Colori diversi individuano tipologie diverse: rossi gli atleti, verdi gli shooting, blu le prove d’uso. Unita ad ulteriori classificazioni (prima fra tutte quella cronologica), questa suddivisione agevola le ricerche storiche e soprattutto un processo di digitalizzazione del materiale archivistico ormai focale nella Mission della Fondazione. La recente adozione di faldoni dotati di QR code (e collegati a un’app che velocizza i processi di analisi dati) rinsalda ulteriormente questa vocazione, ricordandoci che laddove esistono passione e dedizione per la storia nessuna tecnologia è davvero obsoleta.

 



ENGLISH VERSION:


SOURCES: THE DISCREET CHARM OF DIAPOSITIVES


In The Wheel, final episode of Mad Men’s first season run on AMC in 2007, American creative director Don Draper (Jon Hamm) is asked by Kodak to find a catchy way to launch their brand new stereoscopic wheel in the early 60s. In one of the series’ best monologues, Don says that no technology can be described without feelings. In order to convince his clients, he projects a sequence of private diapositives in his office, presenting some happy moments from the past of his family and his marriage.

After all, we think the same: a diapositive is anything but a cold medium. On the contrary, that small square is the result of centuries of change and innovation.

Diapositives, dealing with photography since the 19th century, are positive pictures on a transparent support. In order to ease their visibility, light must pass through such material: in a direct way or through projection, it can reveal a black and white or colored picture. In this sense it’s proper to mention the Lumière Brothers, inventors of modern cinema, who patented a panchromatic emulsion coated on a thin glass plate previously coated with a layer of dyed potato starch grains. The same principle was later reinterpreted by Polaroid in 1985 for its Polapan 35mm film, in which the potato grains developed into a thin structure of red, blue and green lights. On June 22nd, 2009, Kodak announced the definitive termination of the production of such film: the last roll was processed on December 30th, 2010, marking the end of an era.

If technology sees them in the past, our Archive considers diapositives in the present, in fact the binders preserving them are displayed in a room of its own. Different colors identify different categories: athletes in red, photo shootings in green, proofs in blue. Along with some other classifications (above all, the chronological one), such subdivision eases both historical researches and a process of archival digitalization which is central in the Foundation’s issue. The recent purchase of binders with QR codes (linked with an app that speeds up the data analysis processes) strengthens such vocations, reminding us that if passion and devotion for history are fierce, no technology is obsolete for real.

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