SOTTO L’OMBRELLONE: IL ROMANZO DI UN FUORICLASSE

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Compendio puntuale per comprendere al meglio la figura di Alberto Tomba – eroe dello sci moderno e figura di punta nella tradizione degli sport invernali FILA – Il romanzo di un fuoriclasse , pubblicato nel 1992, ha una struttura complessa. Innanzitutto, oltre alla firma del campione bolognese porta quella di Leo Turrini, giornalista e scrittore specializzato in biografie (Lucio Battisti, Michael Schumacher). Secondariamente, è ricco di immagini firmate Penta Photo, agenzia foto giornalistica che dagli anni Ottanta segue i più importanti eventi sciistici internazionali. Infine, grazie all’intercessione dell’atleta, le parole si accompagnano a scatti provenienti dall’archivio privato della famiglia Tomba, garantendo così un documento di eccezionale unicità. Il romanzo di un fuoriclasse parte dal principio, ovvero da quando Alberto muove i primi passi sulla neve a soli tre anni, complice papà Franco che nel tempo libero fa l’istruttore. In Emilia non nevica spesso, eppure il giovane Tomb

MEET THE DESIGNER: PIERLUIGI ROLANDO - 7

Ad un anno di distanza dalla gloriosa spedizione di Giorgio Bertone e Renzino Cosson su El Capitan, in California, Pierluigi Rolando ancora non riusciva a rimanere distante dagli States e dalla loro forza evocativa. Nel 1975, complice il crescente successo di FILA, l’America si profilava infatti come un’avventura da abbracciare senza remore, soprattutto considerato il gradimento dei capi WHITE LINE oltreoceano. La branca statunitense iniziava ad apparire all’orizzonte, e trovò personificazione nella figura di Sammy Azaria, socio incaricato di monitorare il mercato dalla 34esima Avenue di Manhattan.
Non solo: gli Stati Uniti erano terra di saloni, convention, occasioni – Las Vegas su tutte – in cui il marchio poteva affermare la propria influenza commerciale e al tempo stesso stupire il pubblico attraverso allestimenti puntualmente scenografici. Il settore già conosceva bene FILA in Europa, in particolare all’ISPO di Monaco di Baviera e al Mias di Milano. Proprio durante l’edizione ’75 di quest’ultima, Enrico Frachey prese da parte Rolando e avanzò una richiesta precisa: quella di ideare un nuovo look capace di esaltare il fisico e le gesta dello svedese Björn Borg, astro nascente del tennis sul quale l’azienda stava puntando tutto. “Frachey voleva qualcosa che avesse l’appeal commerciale dei capi indossati da Adriano Panatta, ma con uno stile completamente diverso”,
confessò il designer. “A me piacevano le sfide: vincere è importante, ovviamente se riesci a farlo con i tuoi soli mezzi”.

Come ben sappiamo, Rolando vinse la sfida alla grande: partendo da una polo indossata da ‘Ascenzietto’ e adottando lo stile gessato che negli anni Venti e Trenta rese un mito Babe Ruth, campione dei New York Yankees, creò un capo di completa rottura, capace di mutare l’approccio all’abbigliamento sportivo. E dato che le origini della Polo Borg ve le abbiamo già ampiamente raccontate, questa volta affideremo il racconto direttamente alla voce dello stilista. “La stampa che volevo trasferire sulla maglietta Borg era una semplice riga, ma per ottenere un lavoro ben fatto, regolare, il lavoro sul pezzo di maglia pretagliato doveva essere certosino.

Consultai tutti i miei libri per studiare la grafica ineccepibile della divisa di Ruth, in particolare forme, spessori e distanze tra righe. Dopo aver fatto prove su prove, il prototipo fu consegnato a Stamperia Alicese: non credo di esagerare se affermo che solo quell’anno produssero più di cinque milioni di pezzi! […] Borg portò gli abiti FILA al successo, addirittura un esemplare della polo fu donato al Fashion Institute of Technology di New York. Peccato che il museo si dimenticò di apporre al fianco di esso il mio nome…”.



ENGLISH VERSION:

MEET THE DESIGNER: PIERLUIGI ROLANDO - 7

One year after Giorgio Bertone and Renzino Cosson’s mission on El Capitan mountain, in California, Pierluigi Rolando couldn’t stay away from the US yet. In 1975, also thanks to FILA’s growing success, America appeared as an adventure to face without fear, especially if we consider the appreciation for the Brand overseas. The beginning of FILA USA was near, and became real with the hiring of Sammy Azaria, the manager who soon started to take control on the American market from Manhattan, 34th Avenue.

The United States were also a land of fairs, conventions, occasions – Las Vegas above all – in which the company could strengthen its commercial influence and entertain the audience with captivating scenic designs at the same time. FILA already used to be present at European events such as Munich’s ISPO and Milan’s Bias. Right during the 1975 Milanese fair, ‘Dottor’ Enrico Frachey took Rolando and asked him to create a brand new look, able to enhance the body and the feats of Swedish tennis player Björn Borg, rising star on whom the company was staking everything. ‘Mr Frachey wanted something with the same commercial appeal of the clothes worn by Adriano Panatta, but with a completely different style at the same time’ the designer once said. ‘I enjoyed challenges: to win is important, if you can do it all by yourself’.

As we know, Rolando did it in the best possible way: starting from a polo born by ‘Ascenzietto’ and taking inspiration from the pinstriped suits worn by New York Yankees myth Babe Ruth, he managed to design a cutting-edge piece, able to change the common approach to sportswear. Since we have already told about the origins of the Borg Polo, this time we’re going to rely only on the designer’s own words.

‘The print I wanted to impress on the Borg t-shirt was a simple line, but in order to obtain a good final result, the work on the rag had to be flawless. I read all my books to study the perfect graphics of Ruth’s suit, especially in terms of shapes, thicknesses and distances between the lines. After several tests, the prototype was given to Stamperia Alicese’s printers: I don’t think I exaggerate if I say that only during that year they produced more than five million pieces! […] Borg led FILA looks to fame; a sample of his polo was even given to New York’s Fashion Institute of Technology. Sadly, the museum forgot to specify my name on its side…’.

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